Uncanny Valley: anche tu hai provato un senso di disagio o inquietudine di fronte al film ‘Polar Express’?
Nel momento della sua uscita nel 2004, il film “Polar Express” ha suscitato un dibattito significativo riguardo all’Uncanny Valley. Molti critici e spettatori hanno notato la somiglianza quasi realistica dei personaggi digitali nel film e hanno discusso se essi rientrassero o meno nell’Uncanny Valley.
Il film utilizza una tecnica di motion capture per creare personaggi digitali che somigliano agli attori reali. Tuttavia, nonostante gli sforzi per rendere i personaggi il più realistici possibile, molti spettatori hanno sperimentato una sensazione di inquietudine o repulsione nei confronti dei personaggi del film. Questo potrebbe essere attribuito al fatto che i personaggi si trovano in quella regione dell’Uncanny Valley in cui la somiglianza con gli esseri umani reali è abbastanza alta da generare aspettative di realismo, ma non abbastanza alta da raggiungere la perfezione.
Che cos’è l’Uncanny Valley?
L’Uncanny Valley, tradotto in italiano come “la valle dell’inquietante”, è un concetto ampiamente discusso nell’ambito della robotica, dell’intelligenza artificiale e della psicologia. Si riferisce a una regione di uno spazio emotivo in cui le rappresentazioni di esseri umani o di creature artificiali che approssimano la realtà generano una risposta negativa negli osservatori umani. In questa regione emotiva, l’aumento di somiglianza tra l’oggetto e essere umano reale provoca un senso di disagio o repulsione, anziché una risposta positiva di familiarità.
Origine del Nome “Uncanny Valley”
Il termine è stato coniato dallo psicologo giapponese Masahiro Mori nel 1970, durante una conferenza sulle interazioni tra robotica e umanità. L’idea di Mori era che quando un robot o una rappresentazione artificiale si avvicina molto alla perfezione nel replicare l’aspetto e il comportamento umano, si crea una sensazione di inquietudine negli osservatori.
Nel corso degli anni, sono stati condotti numerosi esperimenti per studiare l’Uncanny Valley e la sua influenza sulle reazioni umane. Nel 2005 da Karl F. MacDorman e Takashi Minato hanno utilizzato una serie di immagini che rappresentavano volti umani e robotici, variando il grado di somiglianza tra di loro. I partecipanti all’esperimento hanno espresso una maggiore attrazione per i volti umani e per quelli robotici altamente stilizzati, ma hanno mostrato una forte avversione per i volti estremamente realistici.
Come mai ci ritroviamo nell’Uncanny Valley?
Uno dei principali elementi è la teoria del riconoscimento facciale di Charles Darwin. Secondo questa teoria, l’essere umano è geneticamente predisposto a riconoscere e interagire con volti umani. Quando un oggetto o un robot si avvicina a un volto umano, ma non riesce a replicarlo in modo perfetto, il nostro sistema di riconoscimento facciale viene dunque messo in crisi.
Inoltre, la teoria dell’evoluzione suggerisce che gli esseri umani abbiano sviluppato una risposta di avversione verso oggetti che potrebbero rappresentare una minaccia o una malattia. Ciò potrebbe spiegare perché la sensazione di inquietudine si manifesta quando un oggetto o un robot si avvicina all’aspetto umano.
Le conclusioni tratte dagli studi sull’Uncanny Valley hanno importanti implicazioni per la progettazione di robot, personaggi digitali e altre rappresentazioni artificiali. Gli sviluppatori devono essere consapevoli del fenomeno dell’Uncanny Valley se desiderano creare una risposta positiva da parte degli osservatori umani.
È inoltre importante considerare che questa esperienza può variare da individuo a individuo. Alcune persone potrebbero non essere disturbate dalla somiglianza imperfetta con gli esseri umani reali, mentre altre potrebbero reagire in modo negativo. L’esperienza personale, le aspettative culturali e le preferenze individuali possono influenzare la reazione all’Uncanny Valley.
Contatta Cristina Borghetti Psicologa
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Theoretical Review of Robot Anxiety